Una nuova visione dell'Alma Mater

6. Parità di genere

Politiche di riequilibrio per ridurre le disparità

 

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La società in cui viviamo tuttora presenta un forte squilibrio di genere e non offre condizioni adeguate per consentire e promuovere una piena parità di espressione delle potenzialità di donne e uomini. La comunità accademica, in tutte le sue componenti, non è purtroppo esente da questa dinamica.

Dagli anni Novanta le laureate hanno superato i laureati, raggiungendo risultati migliori in termini di voti sia negli esami sia alla laurea. Tra i dottorandi e gli assegnisti si è ormai raggiunta la parità. Nonostante ciò il processo di riequilibrio di genere nel corpo docente è ancora molto lento specialmente nella fascia degli ordinari. Le donne ordinarie raggiungono poco più del 20% contro il 40% di associate e il 48% di ricercatrici. I risultati delle recenti abilitazioni mostrano gli stessi squilibri e anche se tutte le abilitate entrassero in ruolo nei prossimi 6 anni la situazione attuale della composizione dell’organico non cambierebbe molto.

La difficoltà delle donne nel raggiungere livelli apicali nell’Università si riflette nella rappresentanza negli organi di governo: nelle ultime elezioni dei direttori di Dipartimento solo 4 donne su 33 (una in più rispetto alla precedente tornata) e del Senato Accademico 7 donne docenti su 25 (2 in meno rispetto alla precedente tornata); in Consiglio di Amministrazione siede solo una donna docente; le donne prorettori sono 2 su 8; nessuna donna tra gli attuali candidati a Rettore.

Anche tra tecnici e amministrativi si verifica la stessa anomalia: in complesso il 65% è rappresentato da donne, percentuale tuttavia non riflessa nelle posizioni dirigenziali.

È giunta l’ora che l’Alma Mater, anche in questo, assuma un ruolo di guida e di esempio. Perché solo così sarà possibile liberare le tante energie ancora inespresse e perché, semplicemente, è giusto.

Dal 2011 si tiene annualmente a Bruxelles l’European Gender Summit, dal quale sono venute, tra l’altro, le raccomandazioni di formare i ricercatori rispetto alla dimensione di genere, di includere tale dimensione in ogni programma di ricerca rendendola un requisito per ottenere fondi, di assicurare la presenza delle donne a tutti i livelli decisionali. L’Ateneo di Bologna, a differenza di altri, non ha istituito strutture interdisciplinari dedicate agli studi di genere. Esistono esperienze molto positive quali il Centro sul Genere e l’Educazione (CSGE), corsi interfacoltà organizzati insieme all’Associazione Orlando, la laurea magistrale Erasmus Mundus GEMMA, il neonato IRT sugli studi di genere, ma si tratta di azioni non coordinate, affidate all’iniziativa di singoli o gruppi.

Occorre quindi dare attuazione a quanto previsto dall’art. 2.6 del nostro Statuto (in particolare comma b) e sviluppare “appositi strumenti e iniziative” da affiancare al Comitato Unico di Garanzia (CUG) per rafforzare la sensibilità ai temi e ai problemi delle pari opportunità, “al fine di generare una coscienza diffusa e condivisa tra tutti i membri della comunità universitaria”.

Il limite al conseguimento della parità dei diritti e alla concreta possibilità di crescita professionale per le donne è originato dall’ostacolo principale che la funzione di cura familiare è, nella nostra società, tuttora affidata prioritariamente a loro, e da numerosi altri ostacoli di natura sociale e culturale che tutti insieme contribuiscono a costruire quella barriera invisibile che, a parità di competenze e capacità,  limita il ruolo delle donne nella società, il cosiddetto soffitto di cristallo.

Occorre intervenire sulle cause dello squilibrio: 1) promuovendo un Piano di Azioni Positive che assicurino la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra donne e uomini, 2) favorendo condizioni di lavoro che consentano, mantenendo la qualità dei servizi, una maggiore flessibilità e conciliazione della vita familiare, che riguarda certamente la cura dell’infanzia, ma è da estendersi anche alla cura dei figli adolescenti, degli anziani e anche altro.

Mettere il genere in agenda per me significa:

– assumere la parità di genere come elemento di metodo in tutte le azioni di governo nella consapevolezza che è un tema che riguarda tutti, uomini e donne, e tutti devono essere coinvolti;

– promuovere la formazione e la sensibilizzazione sul tema a tutti i livelli per contribuire al cambiamento culturale della società;

– promuovere e sostenere reti anche a livello nazionale e internazionale tra chi si occupa di questi temi per fare massa critica;

– adottare una comunicazione interna ed esterna sempre rispettosa del genere sia nel linguaggio sia nelle immagini;

– avviare sperimentazioni di telelavoro o altre forme di lavoro flessibile, che, pur garantendo la qualità dei servizi, consentano di migliorare le condizioni di lavoro;

– adeguare i requisiti contenuti nei bandi emanati dall’Ateneo nel rispetto dei tempi di congedo per maternità/paternità o di altre esigenze documentate di cure parentali;

– tenere conto, nella predisposizione dell’orario delle lezioni, delle esigenze di colleghe e colleghi con figli fino a 3 anni, nel rispetto della qualità del servizio complessivo;

– implementare buone pratiche di organizzazione del lavoro nella programmazione dei tempi e nella scelta degli orari per le riunioni;

– avviare servizi di supporto alla genitorialità in ottica Multicampus e con rette calmierate: campi-estivi, servizi di baby parking con accesso al bisogno, scuole dell’infanzia. Da troppo tempo si parla dell’asilo di via Filippo Re, ma ancora oggi è solo un progetto. Sarà mia priorità realizzarlo e prevedere che in tutti i nuovi insediamenti siano garantiti adeguati servizi di supporto alla genitorialità;

– integrare la legislazione vigente sui congedi per maternità e paternità, soprattutto nelle fasce dei ricercatori a tempo determinato, in modo da non comprimere i tempi della produzione scientifica, prevedendo adeguati prolungamenti dei contratti;

– promuovere programmi di mentoring a supporto delle studiose più giovani;

– tener conto, in ogni valutazione per qualsiasi fine, dei periodi di congedo parentale (o per altri motivi) in modo semplice, adeguato e flessibile, promuovendo azioni anche a livello nazionale per l’adozione di politiche di congedo parentale in linea con alcuni Paesi del Nord Europa;

– sostenere il ruolo del Comitato Unico di Garanzia con un adeguato supporto tecnico amministrativo ed economico.

La mia squadra di governo sarà formata in pari numero da donne e uomini, competenti e dinamici.